NewsPER LA CASSAZIONE LE SANZIONI DOGANALI SI APPLICANO CUMULATIVAMENTE E NON AVUTO RIGUARDO AD OGNI “SINGOLO”

21/11/2020

Con una recentissima pronuncia, la Corte di Cassazione, per la prima volta, ha fornito alcuni importantissimi chiarimenti in merito all’interpretazione e all’applicazione della normativa sanzionatoria doganale (il riferimento è all’art. 303 del TULD).

Il problema nasce dalla dall’interpretazione restrittiva fatta propria dall’Agenzia delle Dogane, per la quale, nel caso di dichiarazioni che contengano più “singoli” (più articoli con diverse voci doganali):

  • la sanzione deve essere applicata, distintamente, per ogni “singolo” (e non, cumulativamente, in relazione all’intera dichiarazione);
  • non è possibile operare la compensazione tra minori e maggiori diritti accertati, qualora gli errori siano sia a favore del contribuente che a favore dell’Erario.

Considerando, ciascun “singolo” come a sé stante, ed escludendo sotto questo profilo la possibilità di applicare l’istituto del cumulo giuridico, spesso, si finisce per determinare un ingiustificato aggravamento del carico sanzionatorio, stante l’elevato importo delle sanzioni astrattamente irrogabili ex art. 303 del TULD (ad esempio: per maggiori diritti accertati compresi tra 2.000 e 3.999 euro, la sanzione minima è pari a 15.000 euro). In altri termini, l’ammontare dovuto potrebbe risultare del tutto spropositato, a fronte di violazioni che hanno comportato un recupero assai contenuto di diritti di confine.

La Suprema Corte ha osservato che un’interpretazione armonica e rispettosa del testo e della ratio della normativa doganale, oltre che delle relazioni tra diritto nazionale e diritto dell’unione, porta a ritenere che, pur in presenza di una dichiarazione cumulativa, l’irrogazione delle sanzioni deve essere effettuata “complessivamente”, ovvero avuto riguardo all’insieme delle singole partite di merci contenutene nell’ambito dell’unica dichiarazione, e non già rispetto a ciascuna partita.

Il principio fondamentale da cui trae spunto la decisione della Cassazione è mutuato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la quale, con riferimento alle imposte armonizzate, ha stabilito che spetta al giudice nazionale valutare, se, date le circostanze della controversia, l’importo della sanzione inflitta ecceda quanto necessario al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’imposta ed evitare la frode.

Si tratta di un orientamento ormai consolidato per cui, sebbene gli Stati membri possano adottare sanzioni per l’ipotesi di inosservanza di obblighi miranti a garantire la corretta riscossione dell’imposta e ad evitare la frode, queste ultime non devono, nondimeno, eccedere quanto necessario al raggiungimento dello scopo perseguito.

Di qui, la Suprema Corte ha tratto l’importante e ulteriore conclusione per cui «ai fini della determinazione del carico punitivo, in presenza di una dichiarazione doganale che includa più partite di merci, e della verifica della sussistenza di una o più violazioni, vanno dunque applicate nel loro complesso disposizioni il cui risultato non sia di eccedere quanto necessario a costituire sanzione adeguatamente afflittiva e dissuasiva per il contribuente».

Non si tratta pertanto di privilegiare l’applicazione di una o dell’altra disposizione, quanto, piuttosto, di trovare quella relazione tra le stesse che consenta di colpire in modo adeguato un comportamento contrario a legge, senza peraltro eccedere al di là dei limiti che il legislatore unitario individua enunciando il criterio di proporzionalità.

In definitiva, in presenza di un concorso formale eterogeneo come omogeneo, ovvero di un concorso materiale omogeneo, si configura in capo all’Amministrazione un vero e proprio obbligo in ordine all’applicazione della sanzione unica secondo lo schema del cumulo giuridico.

 

Lo Studio è a disposizione per ogni chiarimento.

Dott. Comm. Marco Spadotto (marcospadotto@studiotosi.com)